CINA - La cerimonia del GONGFU
In Cina la preparazione del tè non ha quel significato mistico e religioso che ha in Giappone. La cerimonia del tè in Cina è detta Gongfu, letteralmente “fallo bene”, ma anche “arte”, “metodo”, “tattica”. Gonfu o goung-fu o ancora kung-fu è un’espressione che si riferisce al comportamento da tenere e alle regole da osservare per il raggiungimento di un buon risultato. In relazione al tè, questo metodo, esprime riguardo nei confronti dell’ospite. Il tè che viene utilizzato per tale cerimoniale è l’Oolongo o Wulong, ossia un semifermentato di alta qualità. Nel rito del Gongfu ogni oggetto è di dimensioni ridotte: la teiera e le ciotole sono molto piccole e fatte in terra Yixing. Questo tipo di terracotta, originale della provincia di Jiangsu, deriva dalla cottura di un’argilla sabbiosa. Le pareti interne di questi oggetti non sono vetrificate pertanto rimangono porose e quindi riescono a fissare alcune componenti dell’infuso in particolar modo l’aroma.
l tipico set da tè, per il kung fu, è composto da:
• una teiera da circa 150/180 ml,
• 6 tazzine da 30 ml,
• un set di strumenti in legno comprensivi di un paio di pinze per manipolare le tazzine bollenti, un cucchiaio, (il tè non va mai toccato con le mani perchè le foglie ne potrebbero essere inquinate olfattivamente),
• un vassoio di legno con un doppio fondo traforato che consente all’acqua di colare in un recipiente sottostante,
• un bollitore, per riscaldare l’acqua,
• un ago d’osso, ed una spatola, che servono rispettivamente per rimuovere le foglie che intasano il beccuccio, e per aggiustare le medesime all’interno della piccola teiera.(in genere max. di 150/180 ml.).
GIAPPONE - La cerimonia del CHA-NO-YU
'Quella che noi chiamiamo 'cerimonia del tè', in Giappone è un insieme di regole note col termine di 'chanoyou', che significa 'acqua calda del tè'.
La cerimonia del tè è un rito al quale tutti, almeno una volta nella vita, dovrebbero assistere.alla semplicità dei gesti, degli oggetti e del luogo in cui si svolge, crea un’armonia perfetta con la natura. Si tratta di una tecnica psicofisica che va al di là del convivio per diventare momento di ricerca interiore, di perfezione da realizzare nella vita quotidiana: una religione dell’arte del vivere.
Nel XVI secolo, il maestro del tè Sen no Rikyu dava ai suoi discepoli il seguente consiglio: ‘ Fai una deliziosa tazza di tè; disponi il carbone di legna in modo da riscaldare l’acqua: sistema i fiori così come sono nei campi:; in estate, cercala frescura, in inverno, il tepore; anticipa in ogni cosa il tempo: preparati alla pioggia; abbi per i tuoi ospiti tutti i riguardi possibili.’ I principi a cui si ispira la cerimonia abbracciano l’esistenza nella sua totalità. Essa è considerata una pratica quotidiana che insegna ad affrontare la vita con padronanza di se stessi. Tre sono gli elementi che la costituiscono: il giardino con il sentiero, il padiglione del tè e gli utensili. Tutto ha un significato simbolico e comunica all’ospite i benefici della natura. Il sentiero si chiama roji, ‘terra umida di rugiada’, evoca un viottolo di montagna e aiuta l’invitato ad estraniarsi dalla vita mondana per liberare lo spirito dalle preoccupazioni materiali. Il padiglione, detto sukiya (dimora della fantasia, nido vuoto), assomiglia ad una capanna di un eremita; è uno spazio senza ornamenti e la porta è piccola in modo che l’invitato entri col capo chinato in segno d’umiltà. Nel tokonoma, un’alcova ornamentale, sono disposti i fiori e viene appeso un kakejiku, un rotolo di carta su cui è riportata una massima zen o una pittura scelta con cura. Viene servito a ciascun ospite un pasto leggero (kaiseki), quintessenza della cucina giapponese. Alla fine si offre un dolcetto e dei pasticcini fatti con un impasto crudo di fagioli bianchi. Nella stanza nulla deve distogliere l’attenzione, nulla deve distrarre la mente, tutto segue un ordine prestabilito. Viene preparato il matcha, o spuma di giada, frustando la polvere di tè verde con un frustino di bambù (chasen). Il tè verde, simbolo della natura, verrà bevuto tre volte. Dopo che gli invitati vengono accompagnati alla porta per congedarsi.
TIBET - IL TE’ ALLA TIBETANA
La tradizione tipica tibetana (minacciata purtroppo dall’occupazione cinese) consiste nell’offrire il tè in occasione di cerimonie o feste organizzate in monasteri.
La tradizione vuole che l’ospite non beva l’intera tazza di tè (riempita sempre fino all’orlo come simbolo di buon auspicio) ma solo la metà. Questo gesto ha come significato quello di far capire al padrone di casa di gradirne ancora. Se dopo qualche tazza l’ospite non ne desidera più deve versare il tè rimasto nella tazza sul pavimento.
Il tè al burro di yak è la bevanda tipica locale che ogni viaggiatore finisce prima o poi per assaggiare almeno una volta. Oggi molti tibetani usano un frullatore elettrico per amalgamare il burro con il tè. I nomadi in genere non hanno alcuna difficoltà a berne fino a 40 tazze al giorno.
Questa bevanda non è infatti priva di pregi e, oltre a essere nutriente e ricca di di sali minerali, protegge le labbra dal freddo. Un’alternativa più gradevole è il tè al latte zuccherato, che in Tibet si chiama cha ngamo ed è simile a quello che si beve nel vicino Pakistan.