L’inizio della stagione di raccolta varia molto a seconda della latitudine, ma in genere nella zona di Kagoshima e Shizuoka hanno inizio tra fine aprile e fine maggio aprile, mentre a Uji a fine maggio/giugno.
Dopo la fase di raccolta delle foglie fresche, queste vengono cotte al vapore per una durata variabile da 30 a 90 secondi a seconda del centro di produzione. A Uji il tè viene cotto al vapore per 30 secondi, a Kagoshima 60 secondi, mentre a Shizuoka fino a 90 secondi.
Segue poi una fase di asciugatura, rullatura e lieve tostatura.
Quando il tè è ormai asciutto, rullato e tostato, prende il nome di aracha.
L’aracha non è altro che il cosiddetto tè dei coltivatori, ovvero un tè che contiene detriti e polvere, e quindi non è adatto alla vendita, ma può essere usato per fini domestici. L’aracha in una prima fase viene fatto passare attraverso un setaccio a maglia fine, così da eliminare la polvere di tè, spesso copiosa. Successivamente l’aracha viene fatto passare attraverso un setaccio a maglia larga per eliminare i rametti più lunghi. Quello che rimane da questi due primi processi non è tuttavia ancora il prodotto finito.
Il tè a questo punto viene lanciato in aria con un largo contenitore a forma di guanto da baseball: in questo modo le foglie più leggere finiscono per separarsi e cadere fuori. Eliminati i rametti, la polvere e le foglie più leggere, non rimane che togliere dal tè i rametti più sottili e i gambi del tè. Quest’ultimo processo di pulitura veniva in passato eseguito a mano, o meglio con le bacchette.
Dopo tutte queste fasi di grading l’aracha è ora diventato shincha, sencha, kabusecha o gyokuro (a seconda del periodo e della tipologia di raccolta)!
Il Sencha aracha, per esempio, prima della tostatura ricorda moltissimo il sapore di un kukicha molto verde (tè fatto con i gambi delle foglie), mentre dopo la tostatura assume il caratteristico aroma vegetale e fruttato. L’aracha Sencha tostato tuttavia, a differenza del Sencha, ha un sapore meno definito. Se consideriamo che una parte dei detriti del tè non ha sapore e occupa solo spazio nella teiera, d’altra parte la polvere infonde molto velocemente, rendendo il tè più forte e dal sapore meno delineato.
Durante la produzione del tè, come abbiamo potuto assistere, prevede molti scarti di produzione che vengono destinati a prodotti di tutt’altro tipo. Per esempio gli scarti del tè vengono molto utilizzati nell’industria cosmetica per creme e sali da bagno, proprio in virtù della natura acida della pianta che pare pulisca la pelle e la renda più lucida.
In antichità invece era uso di usare il tè scartato per imbottire i cuscini!
°Se il tè è arrivato in Giappone dalla Cina, perché i tè verdi giapponesi vengono non solo prodotti, ma anche serviti in tutt’altro modo?
La tradizione del tè in giappone è ormai più che millenaria.
In principio il tè introdotto in Giappone dalla Cina era chiamato DANCHA, ovvero tè in forma di sfera (pressato). Il dancha tuttavia era un prodotto a cui aveva accesso solo l’alta nobiltà e il clero che lo preparava (forse anche produceva?). Fu il monaco Eisai nel XII secolo a compiere la rivoluzione che rese popolare il tè in Giappone, ovvero introdusse la tecnica cinese della produzione del matcha.
Ai tempi dello shogunato il tè divenne poi uno status symbol della classe dei samurai, presso la quale era in uso bere il matcha e il gyokuro.
La tecnica di cottura a vapore invece nasce proprio nella regione di Uji, la quale provvedeva al fabbisogno della capitale, dello stesso imperatore e dello shogun.