Vera e propria mandragola, elisir di giovinezza, toccasana incomparabile, per i cinesi il ginseng possiede tutte le virtù terapeutiche, preventive, curative ed energetiche immaginabili; e pare che questo accada da millenni, perchè il ginseng compare nei più antichi trattati di medicina, all'inizio dell'era cristiana.
Araliacea dell'ordine delle umbellali, il ginseng (Panax ginseng) è una pianta bassa che produce piccole bacche rosse traslucide, e cresce nella parziale penombra delle foreste del nord della Manciuria e della vicina Corea.
È ricercata attivamente per le molteplici virtù fortificanti della sua radice, che assomiglia a quella del prezzemolo o della sassefrica.
A causa dell'estrema rarità, questo prezioso farmaco della medicina tradizionale cinese, un tempo si vendeva a prezzi esorbitanti, nel secolo scorso si arrivava anche a sette o otto volte il suo peso in argento, costava “più del suo peso in oro” sostenne Monsignor Favier, vescovo di Pechino all'inizio del secolo (1902).
Solo una piccolissima èlite della società cinese poteva quindi pretendere di trovare la salute in questa radice si tratta quindi di una pianta rarissima e perciò misteriosa.
In gran segreto, audaci cacciatori di pelli si inoltravano nel profondo delle foreste ai confini con la Corea, per cercarla, e molti di loro pagarono con la vita questa ricerca avventurosa. Sulla strada del ritorno venivano attesi da briganti in agguato, che cercavano di impadronirsi del prezioso ginseng che avevano raccolto, tendendo loro delle imboscate.
All'inizio del nostro secolo, uno scrittore russo, Michel Prichvine, incontrò sei uomini grandi e grossi, ben armati, che scortavano e proteggevano uno di questi cacciatori di pelli, che aveva con sè una preziosa "Radice di vita".
Riferisce che erano tutti affascinati dallo straordinario navone cosparso di sottili radichette.
Un'altra volta Prichvine ebbe occasione di osservare un cacciatore vestito "sul davanti con un grembiule cerato per proteggersi dalla rugiada, e sulla schiena con una pelle di tasso che gli permetteva di sedere sul terreno umido e riposarsi".
Per dissotterrare la radice, si serviva di un bastone e di un piantatoio d'osso di cervo.
I cacciatori che avevano avuto successo, avevano l'abitudine di incidere uno zhaotou (un segno), sull'albero ai piedi del quale avevano trovato la radice. In tutti i tempi, i tuberi più pregiati e più preziosi, furono quelli la cui forma ricordava stranamente una soma di bambola umana, dato che la radice si sdoppiava per creare le "gambe", mentre altre escrescenze potevano suggerire la testa, le braccia ecc.
Abitualmente questa pianta si trova ai piedi dei pini coreani, dato che teme l'esposizione diretta ai raggi solari e gradisce invece l'umidità dell'humus.
L'imperatore aveva il monopolio di questa radice di panax e, ogni anno, dei soldati venivano incaricati di andarla a cercare.
Del resto, da un millennio a questa parte, i cinesi hanno cercato in molti modi di coltivarla; tuttavia le virtù di tali radici coltivate non hanno mai eguagliato quelle della loro "cugina" selvatica, che cresce nella remota regione montuosa del Changbai Shan, alla frontiera con la Corea settentrionale (altrettanto ricca di ginseng).
Meno efficace e a prezzi più modici, la specie domestica viene oggi coltivata nel distretto di Fusong, nel Jilin; produce ogni anno 2700 tonnellate di radici fresche, ovvero più della metà della produzione globale cinese, circoscritta nelle due province del Jilin e dello Heilongjiang.
In una trentina d'anni la Cina ha moltiplicato di 36 volte il volume del suo raccolto di panax.
http://www.tuttocina.it/
Noizie tratte dal sito www.tuttocina.it
vai al link |